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Ed. LA SCALA
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Domenica ore 10:30

Pubblichiamo l'introduzione di don Giulio Meiattini osb al volume di p. Giuseppe Poggi Pregare a tavola con la liturgia delle ore (recentemente ripubblicato presso la nostra casa editrice). Il contributo è stato pubblicato su La Scala 73 (2019) 98-101
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Uno dei gesti più comuni, ripetuto ogni giorno, e più volte al giorno, è il mangiare. È un atto vitale: se non si mangia, e soprattutto se non si beve, si muore. A motivo di questa sua ripetitività è diventato, specialmente nei paesi del benessere, un atto non solo abituale, ma persino abitudinario. Il cibo abbonda, anzi lo si spreca, è divenuto di facile accesso, tanto che si tende, spesso, a non cogliere più né il valore semplicemente materiale dei cibi e delle bevande né il loro valore simbolico.

Per chi lavora con orari pressanti, il pranzo è ridotto alla “pausa pranzo”, un momento funzionale, che ha l’unico scopo di nutrirsi e riprendere un po’ di energie, per poi continuare a lavorare fino a sera: un bisogno fisiologico come altri. Per la casalinga, con i figli inseriti nel “tempo pieno” e il marito in fabbrica o in ufficio, il desinare di una volta si restringe a un piatto preparato in poco tempo e consumato da sola. Il pranzare è sempre meno considerato e vissuto come un “sedersi a mensa” insieme al coniuge e ai figli, un “apparecchiare la tavola” per la famiglia. Resiste meglio la cena, almeno lì dove anch’essa – a motivo della stanchezza della giornata lavorativa e la poca voglia di mettersi a cucinare – non si risolva nel consumare qualcosa in un qualche locale. Sempre meno si preparano e si consumano i pasti in casa, sempre di più proliferano le anonime mense aziendali. Per non parlare del “precotto” e degli ormai collaudati cibi in scatola!
Insomma, il mangiare ha perso da qualche tempo e in buona parte il suo aspetto rituale che una volta gli era essenziale e che consisteva del manifestare e consolidare i legami reciproci. Il pranzo e la cena, come momenti di ristoro del corpo, ma anche di incontro familiare e comunitario, hanno subito un’erosione, a motivo delle mutate condizioni sociali. Del mangiare e bere emergono maggiormente l’aspetto ricreativo e di intrattenimento (il rinfresco, il buffet, ecc.), edonistico ed evasivo (la mangiata e la bevuta) o, come appena detto, funzionale-fisiologico (il puro nutrirsi o alimentarsi). Questo fenomeno rappresenta un impoverimento del valore umano della convivialità quotidiana. Ne soffre la vita comune, il senso della famiglia, la dimensione simbolica del prendere cibo, che per l’essere umano, a differenza dell’animale, dice sempre qualcosa di più della semplice soddisfazione di un bisogno primario. Stendere la tovaglia, sedere alla stessa tavola, condividere il medesimo cibo sono gesti che dicono un’alleanza, una vicinanza, una reciproca ospitalità, un impegno e una responsabilità, compagnia e calore. Per questo non lo si fa con chiunque capiti. Mangiare insieme presuppone, e rinforza, una qualche familiarità, talvolta la crea.
Per questi motivi al centro della vita della Chiesa, per una esplicita volontà divina, ci sono il Pane e il Vino eucaristici, una Mensa che è anche Altare, un Cibo celeste preparato “con sacrificio” e condiviso con gioia da chi professa la medesima Fede. Uno degli atti umani più comuni e corporei, nell’eucaristia diventa il gesto più straordinario, non solo umano, ma divino. C’è una parentela fra la S. Messa e i pasti quotidiani, come dai vangeli si capisce molto bene. Gesù benedice e distribuisce il cibo sia nella moltiplicazione dei pani, per gli affamati nel corpo, sia nell’Ultima Cena, per chi ha fame e sete della vita eterna.
Ecco il motivo di questo libro. Pregare prima e dopo ogni pasto o, come si dice, “benedire la mensa”, è un gesto antico, che a noi deriva dalla venerabile tradizione ebraica, con le sue preghiere di benedizione per ogni momento della giornata, anche per il momento del prendere cibo. Tradizione, in particolare, della cena pasquale degli Ebrei, ripresa nei vangeli da Gesù nell’Ultima Cena e poi proseguita nell’Eucaristia cristiana: «Benedetto sei Tu, Signore, Dio dell’universo, dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, li presentiamo a Te, perché diventino per noi cibo e bevanda di salvezza» (Liturgia). Come sappiamo dal Nuovo Testamento, era caratteristico delle prime generazioni cristiane prendere cibo come atto cultuale: «Sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio» (1 Cor 10,31).
Dietro questa tradizione c’è la fede nella Provvidenza di Dio, che nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli del campo. C’è anche il desiderio di accompagnare ogni momento della vita quotidiana, anche i più semplici e normali, con il ricordo di Dio e il pensiero rivolto a lui, in una preghiera possibilmente frequente e continua, che trasformi azioni e intenzioni in vivo rapporto con il Padre nostro che è nei cieli.
Il libro che presentiamo è più voluminoso, rispetto ad altri piccoli opuscoli o libretti di preghiere per la tavola, perché propone, per ogni giorno dell’anno, delle benedizioni della mensa collegate alla liturgia quotidiana, citando ogni volta un versetto tratto dalla feria, memoria, festa o solennità ricorrente. Alla citazione segue poi l’orazione corrispondente. Ciò permette, a coloro che adottano questo libro, di consumare i pasti principali riportando alla mente l’annuncio centrale che la liturgia del giorno proclama e celebra. Questo per l’intero anno liturgico.
L’intuizione profonda che fa da guida a questo libro è che tra l’eucaristia quotidiana e i pasti giornalieri esiste un legame profondo. Ad ambedue le mense siede, presente, Gesù Signore, Maestro, Salvatore, che benedice i commensali che si radunano nel suo Nome. Egli ci ospita alla sua Mensa eucaristica, e viene ospitato, con queste preghiere, alle nostre semplici tavole. Pregare con queste formule prima e dopo ogni pasto equivale a invitare Gesù a sedere a mensa con noi, come durante la sua vita terrena sedeva a mensa nelle case dei farisei e dei peccatori, dei ricchi e dei poveri, per illuminare e salvare con la sua persona e la sua presenza.
La pratica bella e santa di pregare al momento dei pasti può essere talvolta l’unico momento in cui la famiglia cristiana vive una preghiera comune. Non si tratta di una “devozione”, ma nientedimeno che di una “tradizione” della Chiesa apostolica, che oggi è troppo dimenticata: «Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio» (At 2,46-47). Questa tradizione risalente agli apostoli è stata conservata soprattutto nelle comunità monastiche e religiose, che perseguono l’ideale di conformarsi il più possibile alla apostolica vivendi forma. Pregare raccolti attorno alla mensa imbandita recupera e salva il valore simbolico che ha il pasto per l’essere umano, mentre lo porta a compimento in una cornice più alta e profonda, quella del dono che Gesù ha fatto di Sé sotto forma di Pane e di Vino, perché «il vino allieta il cuore dell’uomo e il pane sostiene il suo vigore» (Sal 104,15).

Sul nostro Monastero

Accostandoti al monastero ed entrando nella sua chiesa, dove in certe ore del giorno è possibile assistere alla preghiera corale della comunità monastica, ti sarai forse chiesto: Chi sono i monaci? Che cosa fanno? Come vivono? Sono gli stessi monaci che vogliono offrire, assieme al loro cordiale saluto, una breve risposta ai tuoi interrogativi.

madonna della scala e ges bambino