Non vogliamo accomiatarci dal tempo natalizio senza gettare uno sguardo colmo di gratitudine alla figura di san Giuseppe.
Giuseppe è, infatti, fondamentale nella missione di Gesù: perché se Maria ha dato un corpo a Gesù (la carne di Gesù è quella “tessuta” da Maria), Giuseppe gli ha dato un riconoscimento sociale, accogliendolo nella discendenza davidica. Così si esprime l’angelo: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,20). Solo in quanto figlio di Davide Gesù può essere riconosciuto come re d’Israele. Ed era necessario che Gesù fosse discendente di Davide, per la promessa che Dio aveva fatto al popolo eletto, come ci ricorda il sacerdote Zaccaria: «come aveva promesso / per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo: / salvezza dai nostri nemici, / e dalle mani di quanti ci odiano» (Lc 1,68-71). Gesù è Salvatore ed è il Messia proprio perché Giuseppe, suo padre (putativo), è della discendenza di Davide.
Da quali nemici Gesù è venuto a liberare Israele? Verrebbe da pensare dai Romani (cf. Lc 2,1-5). Ma, considerando ciò che l’angelo dice a Giuseppe ‒ «egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21) ‒ comprendiamo che il nemico dal quale Israele deve essere salvato è se stesso: i suoi peccati e i comportamenti con cui si è allontanato da Dio (poiché il peccato è un atto contrario al volere di Dio, che allontana l’uomo dal suo vero bene).
Come Giuseppe vive il suo ruolo? Proteggendo il bambino in base ai suggerimenti dell'angelo. E questo ci rivela quella che, forse, è la caratteristica più alta di quest’uomo: essere «giusto» (cf. Mt 1,19). Nell'Alleanza ebraica, il giusto era colui che seguiva la volontà di Dio espressa nella Legge di Mosè. Così, Dio parla e Giuseppe agisce. E che cos’è la santità se non riuscire ad incarnare nella propria vita la volontà di Dio? Qualche anno più tardi sarà proprio il figlio di Giuseppe a dirci: «perché mi chiamate: “Signore, Signore”, e poi non fate ciò che dico?» (Lc 6,46).
La Chiesa presenta i santi come intercessori e come modelli di vita. Perché, allora, non imparare a essere giusti come lui? Perché non desiderare di essere anche noi chiamati dal Signore “beati, perché abbiamo creduto” (cf. Lc 1,45)? Suoi amici, perché abbiamo fatto ciò che ci ha comandato (cf Gv 15,14)?
Foto: Georges de La Tour "Apparizione dell'Angelo a San Giuseppe" (1640, Museo delle Belle Arti, Nantes)