Nella notte dell'ultimo dell'anno, l’uomo veglia in festa, per essere presente a quell’impalpabile passaggio dal “vecchio” al “nuovo”, per trovarsi, desto, su quell’invisibile crinale tra un secondo e l’altro, come attraversando una soglia. Anche se la fine dell'anno è il semplice passaggio di testimone tra due dei 365 (o 366) giorni che compongono il Calendario Gregoriano (e che, per convenzione, costituiscono la fine di un’unità – l’anno – e l’inizio del computo di una nuova unità), rimane pur vero che in questa notte l’uomo veglia e festeggia, perché il celebrare è una dimensione costitutiva dell’essere umano, che lo radica nel suo passato e lo apre ad una dimensione del tempo che travalica e “santifica” il piatto scorrere dei giorni. Ne sono ben consce le religioni, che nei ritmi del tempo innestano la celebrazione di quanto il tempo trascende: esorcizzando il tempo informe e privo di significato, santificandolo e aprendolo all’eterno.
Anche noi cristiani, come tutti, scambiandoci gli auguri, auspichiamo ai nostri cari benessere, denaro, salute, affetto… Tutti viviamo nella speranza in un “di più” e di un “meglio che deve venire”, ma è fondamentale dare un’anima a questa speranza, non imprigionarla nella semplice soddisfazione dei bisogni materiali, seppure importanti. Non la fortuna o una buona sorte, in primo luogo, ci si dovrebbe augurare l’un l’altro all’inizio dell’anno nuovo, ma la Provvidenza di Dio, che ci si presenta sotto forma di una benedizione che promette una vita piena e riuscita, autenticamente felice. Un evento di grazia, cioè, che ci assicura la Sua benevolenza e la Sua misericordia: una benedizione che non promette denaro o successo, ma piuttosto gioia del cuore e pace interiore, nella certezza di essere custoditi e protetti da Dio.
Si dovrebbe sperare, dunque, prima di tutto di riempire il cuore di serenità, di altruismo, di solidarietà e, non di meno, di un maggiore respiro di trascendenza. Sperare che Dio prenda finalmente nella nostra vita il posto che gli spetta. Sia questo l’auspicio che formuliamo per il nuovo anno, sia questo l’unico proposito che continuamente rinnoviamo: saper guardare da redenti al nostro quotidiano, scrutando, con gli occhi purificati che Cristo ci dona, le cose e le persone che incrociamo sul nostro cammino, generosi nel dare e, perciò, fatti in ogni cosa veri uomini e donne di contemplazione e di desiderio.
Buon anno dalla comunità monastica di Noci!